Peter Lawrence, professore all’Universita’ di Cambridge, Inghilterra, scrive sul numero di Nature del 29 Maggio scorso che la pensione, nel contesto del mondo accademico, dovrebbe essere facoltativa. Cosi’ gia’ e’ in USA ed in Australia. Le ragioni addotte sono, apparentemente, schiaccianti. Lawrence ricorda quei ricercatori che, costretti al pensionamento in Europa, si sono invece trasferiti oltreoceano, dove hanno continuato ad eccellere. Uno di questi e’ il premio Nobel per la Medicina e Fisiologia dello scorso anno. L’argomento e’ delicato: da un lato c’e’ chi - come Lawrence - sostiene che non si puo’ mandare via dalle Universita’ persone di grande esperienza, ammesso che siano ancora in grado di produrre. Dall’altro lato c’e’ chi teme che i programmi di ricerca non sarebbero piu’ rigenerati frequentemente attraverso l’assunzione di nuovi (giovani) ricercatori. In Italia, dove molti giovani (e meno giovani) aspettano con ansia il pensionamento di chi gli sta scomodamente davanti, la proposta di Lawrence potrebbe sembrare indecente. Pero’ poi non andiamo a dire che stiamo bene cosi’: ambire ad una crescita professionale solo per anzianita’ non e’ certo da eroi. Operativamente: non troppo tempo fa, l’ex ministro Fabio Mussi parlava di professori in pensione a 70 anni invece che 75. Chissa’ che cosa direbbe Lawrence.