Ai ricercatori sperimentali come me viene insegnato, nel corso della nostra formazione, che dobbiamo avere dei quaderni di laboratorio in cui scrivere tutto quello che succede durante gli esperimenti: la programmazione, l’esecuzione, i risultati previsti e quello che e’ venuto fuori. Se il piano era utilizzare la sostanza X per 10 minuti a 37 gradi centigradi, ma a causa di una pausa caffe’ troppo lunga o un’unghia rotta abbiamo lasciato la sostanza X agire per 12 minuti, meglio segnarlo chiaramente. Magari vien fuori un risultato interessante e la spiegazione sta proprio in quei due minuti in piu’… A conferma dell’importanza dei quaderni di laboratorio sono i siti web di recente apertura per la loro condivisione in formato elettronico. Io non ci ho ancora provato, ma sono curioso. Chissa’ che qualcuno a 15,000 km di distanza non abbia la soluzione a qualche problema tecnico nel mio laboratorio qui a Roma.
Puo’ sempre capitare pero’ che qualcosa vada storto, anche al ricercatore piu’ preciso e rigoroso, e che vengan fuori dei veri disastri. Io ne sono stato protagonista qualche anno fa, mentre ero alla New Jersey Medical School per il mio triennio post-dottorato.
Lavoravamo sull’effetto bystander : colpisci una cellula ed osserva gli effetti dell’impatto nelle cellule vicine. Alle cellule, infatti, piace comunicare e prendere atto di cio’ che si dicono. Pensavamo di stare colpendo solo una frazione minima di cellule in coltura, quelle che stavano duplicando il loro DNA mentre noi le davamo una pappa che era stata marcata con un elemento radioattivo, all’anagrafe deossicitidina triziata. La pappa doveva andare dritto al DNA, ed a ciascun decadimento radioattivo del trizio…paf! una bella botta. Ma solo alla cellula che aveva preso la pappa. Andavamo poi a misurare cio’ che accadeva alle cellule adiacenti a seguito delle loro chiacchierate con le cellule tramortite: una risposta gigantesca, che abbiamo perseguito per mesi, argomentando per bene tutto quello che stavamo misurando. Ero piuttosto gasato.
Un pomeriggio venne alla mia scrivania Roger, il mio capo, e mi guido’ fino a farmi notare, con un’eleganza ed un rispetto di cui gli sono ancora molto debitore, che invece che dare deossicitidina alle nostre cellule stavamo dando citidina. La differenza tra le due molecole sta in un singolo atomo di ossigeno, ma e’ abbastanza per fare incorporare la pappa nello RNA di tutte le cellule che non erano completamente ‘addormentate’ (e che quindi sintetizzavano almeno un po’ di RNA), molte di piu’ di quelle che erano impegnate nella sintesi del DNA, le sole che noi avremmo voluto colpire. Dunque quello che misuravamo non era il prodotto dell’effetto bystander, ma effetto diretto della radioattivita’ incorporata nello RNA. Altro che comunicazione inter-cellulare. Cinque mesi di esperimenti buttati al vento. Che disastro. L’errore era stato mio quando avevo emesso l’ordine per la (deossi)citidina.
Quel pomeriggio mollai tutto e tornai a casa con una ingombrantissima coda tra le gambe.
Atomo di Ossigeno 1, Massimo 0.