Sono contento di aver rinnovato l’abbonamento alla rivista Seed, davvero eccellente, con il suo modo di fare notizia servendosi anche del supporto di uno spiccato senso estetico. Il prezzo da pagare e’ la lettura di articoli impegnativi, a volte un po’ complessi, decorati di speculazioni sull’impatto della scienza nella vita quotidiana. E cosi’…mi sono imbattuto in un articolo sul tema della cultura nell’evoluzione dell’uomo. Piuttosto denso, al punto che mio figlio, spaparanzato sul divano nela lettura di L’occhio del lupo di Daniel Pennac, mi ha fatto notare che mentre lui era ‘gia’ arrivato li’…’ io ero ancora alla stessa pagina, quella con gli omini colorati.
Nell’articolo[1] si fa riferimento alla concezione diffusa secondo cui l’uomo, una volta diventato Homo Sapiens, avrebbe sostanzialmente smesso di evolversi. In una societa’ in cui non occorre combattere contro gli avversari per poter accoppiarsi, ed in cui la medicina, con il suo progresso, ci fa tirare avanti anche di fronte a malattie una volta mortali, l’uomo sarebbe sostanzialmente al riparo da pressioni selettive. Infatti, si legge nell’articolo, anche i meno forti riescono a passare i loro geni alle generazioni successive.
Pero’ pero’…siamo nel nuovo millennio ed i ricercatori hanno a disposizione strumenti nuovissimi, quelli della genomica e post-genomica, con cui valutare direttamente che fine ha fatto l’evoluzione. In particolare, oggi si possono misurare le differenze nel genoma di piu’ persone: una volta capito di che cosa e’ fatto Homo Sapiens, si va a misurare la differenza tra me ed un Inuit, o tra un Cinese ed un Congolese. Da questi nuovissimi studi emerge che la cultura umana, e cio’ che ne consegue, starebbe accelerando l’evoluzione dell’uomo, piuttosto che arrestarla, e che tale accelerazione sarebbe iniziata circa 10,000 anni fa, con lo sviluppo dell’agricoltura.
Non e’ questione di ‘gene dell’intelligenza’ e di superiorita’ di una razza su un’altra.
“L’intelligenza si alimenta con l’intelligenza”, dice Lahn. “La cultura crea un regime selettivo perche’ l’intelligenza aumenti. E’ un feedback positivo”. Quando l’intelligenza cresce, cresce anche la complessita’ della cultura, che esercita pressione affinche’ il livello di intelligenza cresca ancora, la qual cosa crea a sua volta una cultura piu’ complessa, e cosi’ via […] Le forze che abbiamo creato sono ad una scala diversa rispetto alla natura, che lavora piu’ lentamente.
Insomma, la cultura potra’ anche averci dotato di qualche strumento per sfuggire alla pressione selettiva naturale (ma resta da vedere come ce la caveremo con il riscaldamento globale), ma sembrerebbe aver contribuito a creare un ambiente di rapidi cambiamenti. Per quanto mi riguarda, l’evoluzione non mi ha ancora regalato alcune cose che mi piacerebbe avere. Per esempio, per le gite in bicicletta, mi sarebbe piaciuto avere una sacca d’acqua sul dorso. Mi e’ venuta in aiuto la cultura: ho acquistato una sacca d’acqua da inserire nello zainetto, da due litri, con beccuccio a portata di bocca. Ed anche il mio bisogno di shopping, sicuramente antichissimo e conservato, e’ stato soddisfatto.
[1] Seed, How we Evolve