Sono in partenza per un ritiro campestre di qualche giorno, che mi traghettera’ nel 2009, anno in cui si festeggerenno i 150 anni dalla pubblicazione di The Origin of the Species, di Charles Darwin. E proprio a proposito di Darwin e la sua teoria sull’origine delle specie, e’ imperdibile l’articolo pubblicato da The Economist sul numero doppio di Natale 2008[1]. L’articolo analizza che cosa puo’ il Darwinismo insegnarci, nel tentativo di risolvere, o quanto meno contenere, quei problemi sociali quali diseguaglianza, discriminazione, razzismo, distribuzione della ricchezza e felicita’ delle popolazioni. Lucidissima l’apertura dell’articolo: i problemi sociali sono tradizionalmente stati affrontati dalle scienze sociali, ma anche dalla filosofia e dalla religione. Ebbene, nessuna di queste si fonda sull’assunzione che l’uomo e’ un prodotto dell’evoluzione e che, come tale, il suo comportamento puo’ avere origini molto antiche. Riproponendo la citazione di Anne Campbell, psicologa di Durham, UK, le scienze sociali, le religioni, la filosofia, possono al massimo accettare che l’uomo si sia evoluto fino al collo: la testa no, quella non viene dalle bestie e siamo una specie superiore, il cui comportamento puo’ essere determinato dalla cultura. Ma l’indottrinamento non ci ha portati ad una societa’ migliore perche’ l’uomo continua ad essere un animale violento. La ricchezza non e’ ben distribuita. Le donne non hanno lgi stessi diriti degli uomini, nonostante gli sforzi fatti ed i successi ottenuti. Il Darwinismo, secondo The Economist, non e’ detto che possa risolver tutto, ma puo’ aiutarci a capire che bestie siamo davvero. Un esempio di come l’evoluzione puo’ spiegare uno dei peggiori comportamenti umani: l’infanticidio.
…un bambino di eta’ inferiore ai 5 anni ha una probabilita’ di morire di cause non naturali molto piu’ alta se vive in una casa dove c’e’ un patrigno (il nuovo compagno della mamma) piuttosto che nella casa dei suoi genitori naturali.
Ovvero: l’ostilita’ maschile verso la prole di una donna, generata da una relazione precedente, e’ nota nel mondo animale e, per quanto possa essere praticata in modo meno brutale che non nel regno dei Leoni, sembra valere anche nel caso di Homo Sapiens. Raccapricciante? Ce ne sono altri di esempi. Nel caso della ricchezza delle nazioni e la felicita’, pare che il sogno Americano, quello secondo cui i membri di una societa’ siano capaci di determinare la loro ascesa nella societa’ con i propri mezzi, sia la prescrizione giusta.
Mi ritiro nello studio, nella lettura e nella musica. In preparazione al prossimo incontro con voi, vi auguro uno splendido 2009! Massimo.
[1] Why we are, as we are. The Economist, December 20th, 2008