Nel numero doppio de The Economist, quello di Natale, c’e’ un articolo[1] sull’uso di droghe proibite come coaudiuvante in psicoterapia. Non si tratta dunque di morfina per lenire il dolore di malati terminali di cancro, ma dell’uso di ecstasy per aiutare pazienti a guarire dal disturbo post-traumatico da stress (PTSD), un disturbo che potrebbe colpire persone che hanno avuto esperienze dolorose come tortura, violenza sessuale ed incidenti in guerra. Infatti, e’ proprio dall’osservazione dei sintomi dei veterani americani della guerra in Vietnam che questo disturbo ha guadagnato l’attenzione che sembra meritare. Un quarto (1/4) delle persone che si sottopongono a psicoterapia per superare lo PTSD non ne trae alcun beneficio. E siccome i sintomi possono essere debilitanti - incubi, insonnia, incapacita’ di concentrazione, difficolta’ nelle relazioni interpersonali, crisi di pianto - qualcosa s’ha da fare per migliorare la terapia. I risultati di cui racconta The Economist sembrano incoraggianti, proprio in quei pazienti che hanno maggiori difficolta’ di guarigione. La terapia sperimentata e’ quella basata sulla rivisitazione dell’esperienza traumatica: uno stupro, un rapimento. Non e’ una terapia nuova: la si usa da tempo per separare gli effetti piu’ dannosi dal trauma che li ha provocati. Ma perche’ l’ecstasy dovrebbe fare da coaudiuvante? Perche’ i maggiori limiti nella cura di un disturbo psichico con una terapia basata sulla rivisitazione del trauma e’ la paura di (ri)affrontarlo. Il paziente si barrica quindi dietro un muro che erige per paura di ritornare al trauma. Ma se gli si da dell’ecstasy…via la paura…e la terapia diventa significativamente piu’ efficace.
Mentre la maggior parte dei ricercatori puo’ quasi sempre facilmente procurarsi i reagenti di cui necessita per i propri studi, non e’ banale procurarsi ecstasy attraverso fornitori legali. Infatti, l’ectasy e’ illegale perche’ “ha un alto potenziale di abuso” e perche’ “non e’ noto ancora un suo uso medico”. Non ancora. Fortuna che esiste una piccola breccia e che i ricercatori che hanno studiato l’uso dell’ecstasy in psicoterapia siano riusciti a procurarsela dall’unica fonte legale che viene riconosciuta dall’organo statunitense preposto per regolare l’uso e la commercializzazione delle droghe.
La missione di uno di questi ricercatori e’ proprio quella di rendere l’ecstasy piu’ disponibile, per usarla ancora per sperimentazione a fini terapeutici. D’altra parte, come riporta The Economist, il boom dell’uso ‘ricreativo’ di ecstasy e’ giunto proprio quando l’ecstasy e’ stata proibita e forse, limitatamente a questa droga ed in vista delle applicazioni che potrebbe avere, potrebbero esserci ragioni per riconsiderarne il divieto, attribuendo l’ecstasy ad una categoria di rischio diversa da quella corrente. Emerge allora dalla lettura di quest’articolo un aspetto - almeno secondo chi vi scrive - umano della ricerca: lavorare con impegno anche contro le regole, affinche’ queste possano essere riconsiderate, in quelle circostanze in cui si abbia la percezione che tali regole possano essere dannose per alcuni membri della societa’. Tanto di cappello, ed in bocca al lupo.
[1] Agony and Ecstasy, The Economist, 20 Dicembre 2008