Craig Venter, il ricercatore a capo della Celera Genomics che riusci’ a sequenziare il genoma umano piu’ in fretta del consorzio finanziato da denaro pubblico, e’ antipatico a molti, per il suo approccio ribelle, anticonformista. Antipatico o no, la storia dimostra che e’ stato un visionario ed un innovatore. E certamente non si e’ fermato al genoma umano. Nel numero di Seed di Dicembre, che ho iniziato a sfogliare solo ieri pomeriggio, in una domenica romana piovosa, c’e’ un articolo[1] scritto di suo pugno in cui Venter racconta come la biologia sia cambiata da quando lui ottenne il suo PhD, nel 1975, ripercorrendo gli eventi che segnarono la corsa alla stesura della prima bozza di genoma umano. Nove anni dopo il conseguimento del suo PhD, Venter si sposto’ a Washington, al National Institute of Health (NIH), insieme al gruppo di ricerca di sui era gia’ direttore. A proposito di questa esperienza, mi colpiscono alcune parole di Venter, che traduco
…Ero stato un ricercatore di successo, essendomi procurato fondi extramurali[2], ma la possibilita’ di ricevere un budget generoso per le mie ricerche, senza dover inseguire i grants, affascinava sia me sia il mio gruppo. Ecco che si presentava un’opportunita’ per fare ricerca che guardasse ben oltre i quesiti del prossimo grant. Tuttavia, con mio stupore, pochi allo NIH la pensavano come me. Invece, mi accorsi che anche se quasi ogni laboratorio del programma intramurale (contrapposto, appunto, a quelli con fondi extramurali, ndT) era ben finanziato, la maggior parte della ricerca fatta li’ era mediocre. Soltanto una parte di quei ricercatori traeva davvero vantaggio dalla disponibilita’ di fondi essenzialmente illimatata, correndo rischi e provando cose nuove (relativamente alla complessita’ della ricerca da condurre, ndT).
Mi pare puntuale la critica di Venter: in USA, dove la maggior parte dei ricercatori deve procurarsi i fondi di ricerca con le gare, a lui sembrava che chi ne poteva disporre ad libitum, dei privilegiati, ne faceva un uso cattivo. Uno spreco, insomma. Seguendo il pensiero di Venter, e’ incoraggiante, forse, che in Italia si stia abbandonando il modello di finanziamenti ‘a pioggia’, dove tutti prendono pochissimo, ed in cui i ricercatori debbano scrivere progetti di ricerca e competere con i propri colleghi per la loro assegnazione. Purche’ ci sia un budget adeguato per garantire che almeno 1 su 5 riceva il finanziamento, altrimenti il sistema vacilla.
[1] The State of Science 2008. Bigger, Faster, Better
[2] Nei paesi anglosassoni, nella maggior parte dei laboratori di ricerca, e sempre piu’ anche in Italia, i finanziamenti per gli esperimenti devono esser cercati al di fuori del proprio istituto (extramurali). L’istituto offre l’ospitalita’, i locali per i laboratori e gli stipendi allo staff permanente. Questi finanziamenti (grants) sono assegnati con competizioni basate sulla revisione tra i pari (peer review) e forniscono, oltre agli strumenti ed i materiali di consumo, gli stipendi per lo staff non permanente, come gli studenti di dottorato ed i post-docs. Di contro, alcuni laboratori forniscono questi fondi senza chiedere ai ricercatori di scrivere progetti di ricerca ogni 2-3 anni, liberandoli da una incombenza scomoda, quasi totalizzante.