Massimo Pinto

Quei poveri cervelli

06 May 2009

Mi sono imbattuto, per il tramite di un caro amico che me l’ha segnalato, in un articolo sui famosi cervelli in fuga, apparso su Il Giornale[1] del 24 Aprile 2009. Avendo trascorso sette anni per fare ricerca all’estero ed essendo tornato gia’ due volte in Italia, il tema mi sta a cuore. L’articolo non e’ il miglior esempio di giornalismo scientifico, ma questo non e’ il punto saliente, e sicuramente potrete giudicare voi stessi. La notizia centrale e’ lo stanziamento di un fondo, a firma del Ministro Gelmini, per finanziare 30 progetti - triennali - per ricercatori che siano all’estero da almeno tre anni e che abbiano conseguito il proprio dottorato di ricerca non piu’ di sette anni prima. Piu’ o meno, tanto per dare un’idea, dei trentacinquenni con gia’ una, oppure due eperienze post-doc alle spalle. Sempre per dare un’idea, nel caso degli USA, un salario di circa 45-50 k$ annui, lordi. Costoro dovrebbero trovare appetibile un salario di 35 mila EUR annui, per tre anni, somministrato, probabilmente, con un contratto tipo Co.Co.Co, con parziali agevolazioni fiscali iniziali. Meglio di un calcio nei denti, come dicava il mio amico Alex. Trascorsi i tre anni, il loro contratto potrebbe essere rinnovato per altri tre anni, e questo pure non e’ troppo male. Torni a fare il Co.Co.Co. per sei anni, mica il lavavetri. Supponendo che il ricercatore o la ricercatrice trovino appetibile il livello salariale da cervelli neo-rientrati, non e’ chiaro che cosa ne sara’ della loro carriera. Se non c’e’ un piano di medio-lungo termine, per loro si trattera’ di una nuova esperienza post-doc alla fine della quale si sposteranno altrove, e loro saranno stati dei cervelli in transito, in formazione. Difficile, del resto, promettere qualcosa di piu’ sicuro, viste le dinensioni abnormi che ancora oggi ha il precariato nella ricerca pubblica Italiana. Con la struttura delle carriere attuale, alla fine di quei tre/sei anni, i cervelli rientrati dovranno scontrarsi con i colleghi precari Italiani, quelli che non hanno avuto la stessa loro opportunita’ e che nel frattempo non se ne sono stati con le mani in mano. Anche loro avranno le loro pretese e non gli andra’ certo giu’ di lasciare il passo a quei cervellini che furono rientrati anni prima.

Invece che stanziare questi fondi, in questo modo, caro Ministro Gelmini, mi permetta di suggerirle di studiare la strategia adottata dai nostri concittadini Europei. Non si attirano ‘cervelli’ con un contratto di 3 anni, e nemmeno di 6. Meglio forse creare un percorso di carriera alternativo a quello corrente, per pochi posti di lavoro, pochissimi, ma competitivi. E non solo per chi e’ stato all’estero, perche’ ci sono ragazzi bravissimi anche in Italia. L’importante e’ che sia una competizione aperta a cui potranno partecipare i ragazzi gia’ in italia cosi’ come quelli all’estero. La parola magica, gia’ altre volte persasi al vento, e’ tenure track. Buono studio.

[1] Francesca Angeli, Gli euro della Gelmini frenano la fuga dei cervelli, 23 Aprile 2009

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