La pubblicazione di un lavoro scientifico e’ un traguardo di cui gioire, ma puo’ anche essere causa di imbarazzo, se si e’ inclusi tra gli autori e se si e’ fatto poco pochino per meritarselo. Mentre ero ancora in USA, insieme a quel marpione del mio compagno di bancone, Prasad, facemmo uno scherzetto a Sonia, una ricercatrice ben piu’ matura di noi, dotata di un’integrita’ scientifica indistruttibile. Sonia ti aiutava quando poteva e ti insegnava tutto quello che sapeva, ma se non aveva contribuito in modo sostanziale ad un lavoro scientifico, non voleva nemmeno sentire parlare di essere inclusa nella lista degli autori. Era, si dice in gergo, opposta alla guest authorship, ovvero l’attribuzione della firma di un lavoro scientifico come forma di cortesia, una pratica molto diffusa nel Bel Paese. Prasad era venuto a conoscenza di un portale web su cui immettere il nome di un paio di autori, fare ‘click’, e vedersi spiattellato sullo schermo un articolo scientifico che sembrava quasi vero, a meno che non andavi a leggerlo. Se non ricordo male, il giochino si faceva qui ed il risultato conteneva roba senza senso, tipo questa:
1 Introduction….Public-private key pairs must work. The flaw of this type of approach, however, is that architecture and the Turing machine can cooperate to fulfill this ambition. This technique at first glance seems unexpected but largely conflicts with the need to provide web browsers to system administrators. To what extent can architecture be deployed to realize this goal? […]
Cosi’ un giorno ne preparammo uno in cui comparivano Prasad, Sonia, altri complici e me stesso. Lo spedimmo a Sonia, via email, chiedendole di rivedere la bozza e farci sapere le sue impressioni prima di inviarlo ‘alla rivista’. La incontrammo poi in corridoio poche ore dopo, e lei, con un po’ d’imbarazzo, ci prego’ di non essere inlcusa nel lavoro perche’ dice che non c’entrava niente. E ti credo: nemmeno noi!
Il punto e’ che ogni tanto qualcuno fa degli scherzi un po’ piu’ pesanti e spedisce questi testi, generati automaticamente da un computer, perche’ siano (presumibilmente) valutati secondo i dettami della peer-review e quindi siano pubblicati. Se l’articolo viene pubblicato, evidentemente la peer-review non c’e’ stata. Lessi che qualcuno riusci’ a partecipare ad un congresso presentando un lavoro cosi’. Ascoltavo oggi pero’, nell’ultimo numero del Nature podcast, che qualcuno e’ persino riuscito a pubblicare su una rivista scientifica un lavoro preparato in questo modo. Uno scandalo a cui hanno fatto seguito sfotto’ di ogni colore sulla blogsfera e chi piu’ ne ha, piu’ ne metta. Fino a che l’Editore della rivista si e’ dimesso, pare. Proprio come fa la classe dirigente Italiana quando commette un errore di questa portata.