Ho letto qualche articolo sull’avanzata dei social networks scientifici, à la Facebook, ma per ricercatori, medici, professori. La maggior parte di questi portali della socializzazione scientifica e’ in lingua Inglese, ma se ne vedono, e se ne usano, anche in Italiano. Se provassi a stilare una lista ne dimenticherei troppi. Mi piacerebbe, davvero, se questi portali offrissero delle opportunita’ ai ricercatori, ma pur essendo utente di piu’ di uno di questi portali, sono perplesso sulla possiblita’ che portino nuove collaborazioni. Usiamo i social networks quando percepiamo che ci sono persone vicine ai nostri interessi ma fuori dalle mura della nostra stanza, lontano dal nostro istituto, universita’, forse in un altro paese. Alcuni dei nostri amici di social networks sono a troppi fusi orari di distanza, e l’incontro con loro e’ tanto gradito quanto casuale. Io stesso ne conosco qualcuno con cui potrei avere delle discussioni approfondite e stimolanti, ne sono sicuro, anche se non li ho incontrati mai. Leggo il loro blog, loro leggono il mio. In alcuni casi possiamo condividere documenti, le nostre ricerche bibliografiche. Informarci sulle conferenze a cui parteciperemo, reciprocamente.
Lavoreremo insieme? Potremo contare sull’altro per una collaborazione scientifica? Probabilmente non abbiamo posizioni lavorative stabili e dobbiamo innanzitutto onorare i contratti che abbiamo sottoscritto. L’instaurazione di una nuova collaborazione scientifica necessiterebbe di autonomia, liberta’ di accesso ad un ente di ricerca in qualita’ di ospite, senza troppe ambizioni e senza crear troppo fastidio, di acquistare del materiale per il nostro laboratorio, impiegare un tecnico di laborarotorio, formare uno studente. Si tratta di “infrastrutture” senza le quali i social networks non credo faranno la differenza.