Da pochi giorni ricevo gratuitamente la rivista Nature: non so come, ma sono stato inserito in un programma di valutazione dei contenuti della rivista e quello che mi si chiede in cambio, fino all’estate, e di compilare un formulario online sui contenuti della rivista, settimanalmente. Con grande invidia dei compagni di corridoio, sfoglio la mia copia cartacea di Nature intanto che scocchi l’ora del prossimo passaggio nell’esperimento odierno. Dalla corrispondenza con il giornale emerge una lettera delle ricercatrici Elena Cattaneo, Elisabetta Cerbai, e Silvia Garagna[1]. Lo scopo della lettera delle tre ricercatrici e’ allertare la comunita’ scientifica italiana ed internazionale sull’importanza di permettere che fondi pubblici italiani (nell’ambito di un bando ministeriale dello scorso anno) siano erogabili per ricerche scientifiche che facciano uso delle cellule staminali embrionali. Il caso, gia’ discusso sulla stessa rivista[2] ha qualche somiglianza con il veto posto dall’amministrazione Bush negli USA, sollevato poi da Barak Obama al cambio della Presidenza. Nel caso nostrano, l’appello delle tre ricercatrici presentato la scorsa estate e’ stato rigettato perche’, apparentemente, solo gi Enti possono appellarsi alla decisione, ma non i singoli ricercatori.
Affermano le tre ricercatrici nella lettera della scorsa settimana
…la battaglia contro lo Stato sul tema delle staminali embrionali e’ resa difficile dalla diffusa indifferenza. […] occorre allertare i canali dell’informazione, gli studenti, i politici, nonche’ gli accademici sui rischi che un’ideologia possa condizionare la ricerca scientifica. […] I ricercatori italiani che conducono ricerca di base devono reagire se non vogliono esser marginalizzati dalla scena internazionale.
Come ricercatore Italiano di base, diffondo.
[1] Italy’s stem-cell challenge gaining momentum, p729, Nature | Vol 463 del 11 Febbraio 2010 |
[2] Nature Vol 460, 19 & 449, p 339, 2009