Massimo Pinto

Cartacce binarie

14 Mar 2009

Scatoloni contenenti carte, sopratutto fotocopie, mi hanno accompagnato negli ultimi dieci anni nei vari traslochi, una decina, abbondante, tra l’Inghilterra, l’America e l’Italia. Tra le cartacce, anche delle fotocopie di articoli ritenuti ‘rari’, che furono il fondamento di una parte di ciò che produssi durante il mio dottorato, e che ottenni su richiesta alla British Library, a Londra. Pagine preziose che non ho mai avuto il coraggio di buttar via, e che giacciono ora presso la mia scrivania all’Istituto Superiore di Sanità. Ma aveva ragione Roger quando mi disse, in vista del mio rientro in Italia, che lui non avrebbe portato indietro con sè tutte quelle cartacce, dal momento che oggi si possono trovare quasi tutte su Internet. Ed infatti, più o meno ovunque si lavori esiste un accesso via internet ad archivi di pubblicazioni scientifiche immensi, accessibili anche da casa, tramite autenticazione, ai ricercatori, ma anche ai pazienti che necessitino informazioni sulle loro cure. Negli anni, questi archivi sono diventati così estesi da includere anche articoli molto antichi, grazie alla scansione di vecchi documenti cartacei, come JStor. Ad ogni modo Roger, seppur convinto di ciò che diceva, acconsentì al pagamento della spedizione di quei pacchi.

Oggi mi trovo sempre più spesso a leggere articoli nel loro formato elettronico, direttamente dal computer[1], e stampo sempre più raramente un articolo che voglio leggere. Presto butterò via quelle stampe e quelle fotocopie, e per le stesse ragioni, un giorno, forse butterò via anche la collezione di The Economist che occupa prepotentemente una delle mie mensole in camera da letto, che una volta è pure crollata. Non sarà esattamente una casa minimalista, perché c’è comunque un casino pazzesco, ma sarà più essenziale. Non sono ancora pronto a buttare via libri. Per quelli mi ci vorrà del tempo. Davide, non storcere il naso, tu che dici che del libro vuoi sentirne l’odore.

Ma c’è un valore aggiunto nel leggere gli articoli scientifici su un computer, e sono le annotazioni elettroniche che si posson fare. Le fotocopie che mi sono portato dietro nei tanti traslochi sono dei collage di commenti, idee, scarabocchi a matita, tra una macchia di caffè ed una di unto. Quei commenti, e tutto il valore che possono avere per la nascita di una nuova idea, sono sostanzialmente introvabili anche a me stesso. Se sto pensando ad un esperimento, è difficile che la mia memoria mi riporti a quello che ho scritto 4 anni fa leggendo un lavoro di un collega. Ad un seminario agli studenti della NYU a New York, il Professor Sun invitava gli studenti a prendere la buona abitudine di annotare tutto in formato elettronico. Un giorno, alle prese con i loro studi, avrebbero digitato nel motore di ricerca del loro archivio digitale le parole chiave che non li faceva dormire la notte, e quello gli avrebbe resituito non solo tutti quegli articoli che già contenevano quelle parole chiave, ma anche tutti quegli articoli in cui quelle parole chiave erano state inserite come annotazioni personali. Ed è così che nascono nuovi collegamenti tra frammenti di conoscenze prima mai intersecatisi. Così si spera di poter esclamare Eureka!

[1] Prima o poi passero’ anche io a quella cosa, ritenuta da molti blasfema, che e’ il libro elettronico. Uno di questi e’ il Kindle di Amazon. Ma pare che anche lo iPod touch vada benone per chi vuole leggere articoli scientifici in PDF, tramite l’interfaccia con un software fichissimo e che sia chiama Papers.

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