Massimo Pinto

C'è qualcosa di buono nel disegno di riforma dell'Università

03 Nov 2009

Il 28 Ottobre scorso il consiglio dei Ministri approvava il disegno di Legge sull’Universita’, e fioccavano sulla rete le manifestazioni di disprezzo, oltre che di protesta. Entro i limiti di cio’ che potevo permettermi, ho provato a vedere come i diversi quotidiani Italiani commentavano la notizia, confrontandola anche con quello che veniva riportato da gruppi indipendenti, per lo piu’ bloggers. Ne ho parlato con alcuni amici in Istituto e fuori dall’Istituto.

L’impressione che sono riuscito a farmene, cercando il piu’ possibile di metter da parte i pregiudizi politici, evidenti, di chi scriveva cio’ che leggevo (oltre che i miei) e’ che questo disegno di legge contiene degli elementi positivi, e che non sembra una dichiarazione di guerra al diritto di studio. Non sara’ forse tutta farina del sacco di chi l’ha preparato, ispirandosi da chi aveva gia’ cercato di occuparsi di queste cose nelle legislature precedenti, ma credo che questo sia un dato relativamente poco importante ai fini di chi desidera il miglioramento delle nostre Universita’. Magari sarebbe piu’ onesto dargli credito, ma, per adesso, passi pure questa leggerezza. E’ un disegno di legge, del resto, e c’e’ tempo ancora per lavorarci su, anche trasversalmente, se i nostri parlamentari si ricorderanno di essere pagati per agire negli interessi dei cittadini che rappresentano. Vorrei anche cercare di mettere da parte il problema di come si fara’ a finanziare una simile trasformazione, perche’ questo e’ un problema economico, e non di principio. Ed ancora, voglio anche supporre che nel nostro Paese si possano seguire regole (leggi!) scritte. Ops, qui l’ho sparata ancora piu’ grossa.

1) Prospettive di stipendio in crescita. Fintanto che lo stipendio di ingresso di un ricercatore universitario sara’ fermo a 1,300 euro, saremo la ‘pazziella’ dell’Europa. Ascoltato tante volte dagli amici all’estero: “Non ne vale la pena”.

2) 3+3, poi tenure. Non molto diverso da quanto accade in molti altri paesi, purche’ ad accedere a cio’ che viene chiamato tenure-track non siano tutti i ricercatori, altrimenti non si fara’ altro che creare altri precari. Dovrebbero accedere al tenure-track solo coloro i quali hanno la maggiore probabilita di successo, che nel corso dei 3+3 anni sapranno dimostrare di sapere procurare finanziamenti extramurali, di confermarli all’esito del successo delle loro ricerche, qualita’ che avranno sviluppato negli anni successivi al dottorato di ricerca ed al termine dei quali potranno essere ammessi al tenure-track. Chi persegue la carriera accademica per la passione dell’insegnamento dovrebbe seguire un percorso diverso. Chi la persegue con le idee poco chiare, pure.

3) Coinvolgimento dei privati neli CdA Universitari. Non e’ difforme da quanto sta accadendo nei centri d’eccellenza europei in questa decade. Se cio’ avverra’ con un tetto massimo del 40%, non si capisce come potranno i privati ‘decidere tutto’, come titolavano alcuni giornali. Non e’ neppure immediato assumere che questa trasformazione determinera’ l’aumento delle tasse Universitarie, anche se e’ difficile immaginare che possano restare ancora cosi’ basse, sempre in confronto ai paesi che ci sono intorno. Del resto, tra i principi ispiratori del disegno di legge e’ riportato:

Al fine di rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria per gli studenti meritevoli, anche se privi di mezzi, il Ministero programma e monitora specifici interventi per la concreta realizzazione del diritto allo studio e la valorizzazione del merito[1].

Se si teme che i ceti meno abbienti avranno crescente difficolta’ a seguire un corso di studi superiore, si potra’ prendere spunto anche da quanto accade nei paesi dove le Universita’ sono molto piu’ care delle nostre e come si risolve, in quei paesi, il problema dell’accessibilita’ agli studi per le classi piu’ deboli. Quando ero a Londra, durante il PhD, arrivavano tanti studenti Lettoni, Lituani, Russi. Per loro le tasse Universitarie sarebbero costate molto di piu’ di quelle degli studenti Comunitari. Ma avevano delle borse di studio, le tasse Universitarie non le pagavano, e non c’era modo di indebitarsi. La selezione era avvenuta per merito. Oh, spesso le borse di studio venivano da fondazioni private. Se ci vantiamo di avere un’Universita’ accessibile a tutti, dovremmo chiederci anche perche’ gli stranieri non vengono a studiare dalle nostre parti.

[1] Si prevede anche un fondo per il merito, Articolo IV.

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