Massimo Pinto

Pronta consegna

12 Apr 2010

Qualche anno fa un’amica e collega di studi universitari mi stupì per la sua scelta di lanciarsi nella ricerca in terapia genica (gene terapy), un’area che sembrava allora straordinariamente promettente, con la quale si ambiva a lottare contro malattie usando ‘DNA-contro-DNA’. Ad armi pari, insomma. Gli esperti in terapia genica potranno confutarmi, e ne sarei ben lieto, ma l’impressione che ho maturato in questi anni è che la terapia genica funziona benone in vitro, ma meno bene in un organismo. Non è colpa della terapia genica: ogni terapia mirata, che sia più o meno basata su approcci molecolari, ha il problema della ‘consegna’: come fare arrivare il farmaco lì dove si vuole, in un organismo vivente, in un organo malato, in un tumore. Ed allora bisognerebbe accogliere con entusiasmo la ricerca del gruppo di Erkki Ruoslahti[1] su un peptide (una proteina) che assiste un farmaco nella scalata verso il suo bersaglio. L’editoriale su Science canta le lodi di questo lavoro, perché il peptide usato dal gruppo di Ruoslahti si é dimostrato già molto efficace in tumori ‘ospitati’ in topini. Quando il peptide viene somministrato insieme a dei farmaci anti-cancro, questi arrivano più facilmente al bersaglio. Mica una cosa da poco, se si pensa che un limite terapeutico è la tossicità. Se questo approccio funziona come sembra, si può somministrare meno farmaco con lo stesso effetto sul cancro, ma meno effetti collaterali. Il meccanismo, è spiegato, si basa sulla vasodilatazione, proprio dei vasi sanguigni che approvvigionano il tumore, e che consentirebbe al farmaco di accedere al tumore con più agio. E’ anche interessante leggere i commenti che i lettori hanno inserito in fondo all’articolo editoriale di Science, inlcuso un ‘non disprezzate la ricerca dei miei amici’.

[1] Coadministration of a Tumor-Penetrating Peptide Enhances the Efficacy of Cancer Drugs, Kazuki N. Sugahara & Tambet Teesalu et. al., Science, April 8, 2010.

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