Massimo Pinto

Un gran bel risultato negativo

20 May 2010

Mi sono imbattuto in una completo quanto complesso studio sulle cause della sclerosi mulipla, pubblicato appena un paio di settimana fa[1]. Non l’ho letto perché lavoro sulla sclerosi multipla, ma perché mi sembrava che dietro questo lavoro ci fosse un modello di approccio sperimentale: sono state usate (almeno) tre tecniche omics per studiare perché, in tre coppie di gemelli monozigoti, uno ha contratto la scelorosi multipla e l’altro no. Il ‘modello’ dei gemelli è prezioso, perché

…offre la possibilita’ di discernere il contributo relativo della genetica e dell’ambiente alla manifestazione di malattie umane[2].

E così Baranzini e colleghi, in un’impresa che immagino abbia richiesto alcuni anni di lavoro, a lui e gli altri 28 co-autori, distribuiti in 8 enti di ricerca americani, non hanno trovato assolutamente nulla. Detto con un po’ più di rispetto per il loro lavoro, sembra non esserci nessuna traccia di un marcatore, un indicatore della malattia che sia presente in uno dei due gemelli e non nell’altro, ne’ a livello del genoma, ne’ sull’epigenoma, ne’ sul trascrittoma. Ma allora? E’ allora chissà. Spulciando la stessa copia della rivista su cui è pubblicato il lavoro, trovo un editoriale a commento di questo studio sulla sclerosi multipla. Alla Katsenlson chiede a Baranzini il perché del loro ‘risultato negativo’, ed egli spiega che una possibilità è che anche se i gemelli identici avevano la stessa predisposizione (genetica) alla malattia, solo uno dei due è stato esposto all’insieme di condizioni ambientali che l’avrebbero provocata. La malattia sarebbe determinata dall’ambiente piuttosto che dalla predisposizione. Una spiegazione plausibile. Ma resta la curiosità di dove sia la sua firma molecolare.

[1] Genome, epigenome and RNA sequences of monozygotic twins discordant for multiple sclerosis. Sergio E. Baranzini et. al., Nature Vol 464, 29 April 2010

[2] Genome, epigenome and RNA sequences of monozygotic twins discordant for multiple sclerosis. Sergio E. Baranzini et. al., Nature Vol 464, 29 April 2010

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